La cultura occidentale ha
radici quanto mai varie e differenti. Indubbiamente deve però al Cristianesimo
il suo massimo apporto, sia in termini etici, culturali, artistici, legali, che
per i modelli e gli archetipi di comportamento. La visione della storia, il
senso dell’essere umano, il modo di reagire alle sfide del vivere quotidiano,
tutto ciò trova il suo nutrimento negli insegnamenti del Cristianesimo,
cattolico, ortodosso o protestante che sia. A sua volta il Cristianesimo è il
risultato del confluire di tradizioni diverse, non sempre integrate e
sintetizzate l’una nell’altra, ma comunque presenti ed attive. C’è
innanzi tutto la matrice ebraica, dato che tutto l’inizio del Cristianesimo è
legato ad avvenimenti e a personaggi ebrei. Tuttavia in esso si inserirono
subito due marcate componenti: ellenistica e romana, provenienti da popoli
allora in guerra con Israele. Questo fatto fece si che fin dalla sua nascita il
Cristianesimo serbò un certo astio nei confronti delle radici ebraiche, e
presto cercò di minimizzarle. In seguito, venendo a contatto con popoli e
culture di ogni tipo, da quelle nord-africane a quelle dell’Europa gallica e
celtica, il Cristianesimo si tinse dei caratteri più disparati. Esso viveva una
forte vocazione missionaria, e volontariamente cercava di portare i suoi
insegnamenti ai popoli coi quali via via veniva a contatto. In pratica, esso
stesso subì notevoli influenze dai modelli sui quali tentava di imporsi. Un
tale crogiolo di componenti portò ad una situazione di un certo sincretismo,
che gli sforzi della teologia e dell’arte tentavano di riconciliare e
sintetizzare in una unica dottrina universale.
I risultati di tali sforzi non
furono però sempre all’altezza delle aspettative, e fu così che per diverse
volte nella storia antica la cultura occidentale, che si fondava sui pregi e
sulle contraddizioni del Cristianesimo, si ritrovò arenata in lunghi periodi di
stasi. Si trattava dei cosiddetti secoli bui, nei quali l’apertura mentale,
culturale, e spirituale si restringevano pericolosamente, cedendo a fenomeni di
forte intolleranza religiosa, o al ristagno della vita politica ed economica.
Regolarmente l’uscita da tali crisi veniva decretata ogni volta dalla
riscoperta dell’una o dell’altra radice da cui il complesso albero del
Cristianesimo si alimentava. Ritrovando i Classici, le grandi menti ed idee del
passato, una nuova linfa scorreva nei tronchi e nei rami millenari, e nuovi
frutti maturavano per i posteri. Il più importante di tali periodi di rinascita
fu soprattutto il Rinascimento. In quel vasto periodo tra il 1300 e il 1600
avvenne il passaggio da una società frammentata, basata soprattutto
sull’agricoltura e il feudalesimo, ad una società dominata da istituzioni
politiche centrali, con un’economia urbana, e un forte sostegno organizzato
nei campi artistici, educativi, di ricerca scientifica, ecc.
Occorre osservare come la
fioritura ebbe luogo non appena ci si liberò un po’ da certi pregiudizi e
chiusure mentali, e vennero accettati metodi di ricerca aperti al dialogo, al
dibattito e al confronto col diverso. Il ritorno ai miti del passato, specie quelli pagani, produsse un movimento di criticismo alle verità acquisite, e il
risultato paradossalmente fu quello di un’aprirsi al nuovo.
La situazione in ci troviamo
oggi è profondamente diversa da quella degli inizi del Rinascimento. Oggi la
scienza e la tecnologia dominano incontrastate, e la rapidità della loro evoluzione
lascia sbigottiti. Il laicismo si è affermato come il valore dominante, e la
democrazia, pur coi suoi limiti delle pesanti influenze dei grandi centri di
potere mondiale, sembra comunque il sistema di governo migliore. Tuttavia, a
guardarla più da vicino, la situazione non è delle migliori, almeno sotto
numerosi aspetti. Ad esempio, la vita morale della società è in uno stato
fallimentare. Delinquenza, violenze, furti e rapine a tutti i livelli, un grande
senso di insoddisfazione, il crollo dell’etica famigliare, minano e pervadono
la società. Tutto ciò senza scomodare le guerre, lontane e vicine. In fondo la
più grossa crisi e ristagno si ha al livello della spiritualità, ferma da
secoli. Anzi, il senso del religioso e del Divino è andato diminuendo nella
vasta maggioranza delle persone, e i valori che hanno preso il loro posto si
dimostrano inefficaci a colmare certe esigenze delle quali le persone non sono
neppure più consapevoli. Dal punto di vista del carattere umano, della sua
capacità di amare gli altri, di controllare le sue emozioni negative, di
espandere la sua consapevolezza spirituale, di progresso non se ne è avuto
nemmeno un grammo, e ne stiamo pagando le conseguenze. Come uscire da una tale
“Età buia” dell’anima?
La risposta non può essere che
la stessa: ritornare alle radici. Quando l’albero si secca e si avvizzisce, ha
bisogno di nuovo nutrimento, e di venire innaffiato. Ma quali radici? L’antico
mondo pagano, classico e filosofico, ha già dato tutto ciò che poteva dare, e
il suo rinascimento l’ha già prodotto. Non ancora però l’apporto delle
radici ebraiche del mondo occidentale. A causa del pernicioso antisemitismo che
ha serpeggiato in lungo e in largo in tutto il mondo cristiano, il contatto con
la matrice ebraica è sempre stato il più ristretto possibile. Eppure essa è
la più antica e profonda di tutto il Cristianesimo. Ciò nonostante, essa è
stata la meno esplorata, se si escludono pochi casi isolati nella storia, quasi
tutti nel rinascimento (si pensi a Pico della Mirandola, a Johannes Reuchlin,
ecc.) Eppure è proprio da quella direzione che si potrà trovare la forza di
superare la presente crisi, della quale altrimenti non si vede la fine. Se i
miti di Giove, Saturno, e altri dei pagani, hanno dato freschezza alla società
avvizzita, quanto più potranno dare i meravigliosi aspetti del Dio d’Israele,
coi suoi Nomi ineffabili, con le caratteristiche altamente etiche dei Suoi
insegnamenti. Se Virgilio, Seneca e Omero hanno ispirato generazioni di essere
umani al rispetto per la cultura e la conoscenza, quanto di più potranno dare
Mosè, Isaia, Ezechiele, e gli altri profeti di Israele, maestri sommi
nell’arte del liberare la mente umana dalle sue ristrettezze congenite. I
personaggi biblici, le storie e i racconti delle loro gesta, contengono una
ricchezza enorme, quasi del tutto inesplorata dalla cultura e dal pensiero
cristiano.
E si badi bene, non si tratta
di una sola ricchezza culturale, capace al più di dare l’occasione agli
atenei delle capitali europee di aprire qualche nuovo corso di studi e di
pubblicare eruditi tomi storico-filosofici. Si tratta invece di una serie di
modelli attivi e potenti, capaci, se vengono riconosciuti ed accettati, di
imprimere ai popoli occidentali quella spinta decisiva che sola è in grado di
rompere il ristagno della loro spiritualità ed etica. Se vogliamo che il
progresso non sia soltanto un fatto esterno, quantificabile unicamente in
termini economici e tecnologici, allora la risposta sta solamente nello scoprire
le radici ebraiche dell’occidente, le uniche rimaste fino ad ora trascurate ed
inesplorate. Inconsciamente, il grande interesse politico, nel bene e nel male,
che Israele suscita oggi, è l’espressione di una non ben definita curiosità
a capire di più quello che il popolo ebraico ha da dare o da dire.
Occorre tuttavia che il ritorno
agli studi biblici venga mediato dalle interpretazioni rabbiniche. La sola
lettura del testo scritto della Bibbia può diventare fuorviante, oggi come nel
passato, se non si accetta l’espansione e la traduzione che ne viene fatta da
tutto quell’immenso corpo della tradizione orale dell’Ebraismo. In un’era
di specialisti, chi vuole comprendere la Bibbia non può pretendere di fare a
meno di coloro che la hanno amata, studiata, insegnata per millenni, piangendo
di commozione su ognuna delle sue parole, scrivendo centinaia di interpretazioni
per ognuno dei suoi versi, E infine, tutto ciò sarà ancora vano se non ci si
spinge anche al livello interiore dell’Ebraismo, quello che La Cabalà. e il
Chasidismo considerano come l’essenziale. La posta in gioco è grande, la
crisi dei valori umani è incomparabile, e la medicina dev’essere
adeguatamente potente. Se rimane al solo livello halachico (cioè delle regole
pratiche di comportamento), la tradizione ebraica diventa una specie di
“materialismo spirituale”, dove tutto si esaurisce nell’osservanza
puntigliosa e meticolosa di una serie infinita di precetti e regole che coprono
ogni aspetto della vita umana, ogni possibile situazione nella quale ci si possa
trovare. Oltre ad avere una rilevanza abbastanza relativa per i non ebrei, che
non sono tenuti ad una osservanza di questo tipo, essa tende ad assorbire ogni
energia, ogni attenzione e risorsa, escludendo da campo della quotidianità un
rapporto più diretto col Divino, di tipo più mistico, spirituale, interiore.
Lungi dal diminuire
l’importanza del rispetto delle regole, che rimane uno dei pilastri
dell’osservanza ebraica, La Cabalà. e il Chasidismo ci arrivano da un’altra
strada, quella della percezione spirituale, esoterica e segreta della realtà.
Tale dimensione, associata a quella della haggadà, cioè dei racconti di tipo
narrativo ed omiletico, è molto più universale, in quanto tratta di problemi
di ogni essere umano in ricerca di Dio. Come tale essa è in grado di nutrire la
pianta ammalata dell’Occidente, e di portarla finalmente ai tanto agognati
frutti dell’età Messianica.