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RABBI SHLOMO CARLEBACH

 

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Uno dei personaggi più interessanti del Chasidismo moderno è senz'altro il Rabbi Shlomo Carlebach. Nato a Berlino in una famiglia dall’illustre passato di studiosi di Torà, fin dagli inizi Rav Shlomo venne educato secondo i più alti standard possibili.  Shlomo crebbe così in diversi ambienti, a contatto sia con la tradizione classica dello studio della Torà, sia di quella chasidica. Per un certo periodo il padre, già rabbino a Berlino, fu rabbino capo a Baden Baden. Usciti miracolosamente dalla morsa nazista, la famiglia si trasferì a New York, dove Shlomo continuò i suoi studi a Lakewood, la più prestigiosa Yeshivà litaista. Poi egli si avvicinò al Chasidismo, e divenne paerte della comunità Lubavitch. Presto egli divenne una delle persone più vicine al precedente Rebbe di Lubavitch (Rav Itzchak Yosef Shneorson), e poi, anche dell’ultimo Rebbe, Menachem Mendel. Dopo qualche anno dovette però lasciare Chabad, per seguire l'estrema novità della sua vocazione.

Rabbi Shlomo, già fin dagli anni 50, aveva iniziato a girare per gli Stati Uniti, stabilendo contatti con i giovani, per portare loro un po’ del calore del vero Ebraismo. In quegli anni egli scoprì anche di possedere un’enorme talento musicale. Iniziò così a cantare, a suonare la chitarra, e a comporre canzoni. Le sue melodie presto lo resero famoso, ed egli teneva sovente    concerti di fronte ad un vasto pubblico. Agli inizi degli anni sessanta,  Shlomo sentiva già molto forte l'urgenza di rivolgersi al mondo laico, di trovare nuovi modi di comunicare e di insegnare la Torà. Fu così che egli accettò l'invito ad andare ad insegnare alla Columbia Universtity di New York. Di lì a poco iniziò il movimento di protesta giovanile degli anni '60, e in pochi anni Shlomo si ritrovò ad essere il Rebbe degli hippies.

Egli fu tra i primi a capire l’enorme ventata di novità contenuta nel movimento di protesta giovanile, e il suo cerchio di azione presto si espanse ben oltre il mondo dell’ortodossia ebraica. Lasciato il movimento Lubavitch, nel ’67 fondò a San Francisco la "Casa dell’Amore e della Preghiera", diventata leggendaria. Di là transitarono migliaia di persone di ogni tipo, ai quali Shlomo insegnava l’amore senza confini, che porta alla preghiera, alla danza, al canto mistico ed estatico. I suoi Shabbat attiravano una folla sempre più numerosa. Nel frattempo egli continuava a comporre nuove e nuove canzoni, che entrarono a far parte del patrimonio di tutto il popolo ebraico.

Presto il rabbi Carlebach, o Shlomo come si fa chiamare da tutti, si trovò a viaggiare in tutto il mondo, letteralmente. Il cerchio dei suoi viaggi si allargava sempre più: ogni angolo d’Europa, del Nord e del Sud America, Israele, la Russia, la Polonia, il sud Africa, l’Australia. È difficile menzionare un paese, ove vi sia una qualche minoranza di ebrei, nel quale Shlomo non sia stato a fare qualche concerto, e a insegnare Torà. Ai suoi concerti andavano tutti, ebrei e non, ed egli trovava sempre il modo di parlare al cuore delle persone, mostrando come la Torà d'Israele contenga messaggi di importanza e di validità universale. Le sue canzoni e melodie sono note a tutti gli ebrei del mondo, che spesso si trovano a canticchiare qualche motivo durante la preghiera, senza sapere che si tratta di una delle sue canzoni.

Nel ’76, insieme ad una ventina di famiglie dei suoi discepoli più intimi, fondò in Israele una comunità che si è espansa e cresciuta fino ad oggi. Gli anni ’80 e ’90 lo videro sempre più attivo e creativo. La sua vita senza riposo, il suo avere dato tutto se stesso in innumerevoli incontri, giornate, serate e nottate passate a insegnare, a studiare, a cantare, a parlare con chiunque avesse bisogno di un consiglio o di un po’ d’amore, tutto ciò logorò precocemente il suo fisico, ed egli ci ha lasciato prematuramente, nel '95.

Chiunque lo abbia conosciuto lo ricorda come un amico, che riusciva ad andare oltre al ruolo del maestro tradizionale, venerato ma lontano. Entrando nei teatri o nei saloni, prima e dopo i concerti, Shlomo si soffermava a stringere la mano, o ad abbracciare ogni persona del pubblico, stabilendo contatti umani diretti, scambiando parole di incoraggiamento. In seguito, passava poi ore e ore al telefono, chiamando o rispondendo alle chiamate di persone incontrate prima, particolarmente bisognose di aiuto, di consiglio, di amore. E Shlomo si correlava con ciascuno di noi in un modo unico e diverso, dandoci la sensazione di essere speciali, preziosi, santi.

Il suo modo di insegnare era unico, unendo storie chasidiche con profondi insegnamenti chasidici e cabalistici, spiegati però in un linguaggio chiaro e semplice, moderno, accessibile a chiunque. La sua eredità è troppo grande per venire riassunta. Ciò nondimeno, citeremo le ultime righe della sua autobiografia, del modo cioè col quale egli raccontò la sua vita, qualche anno fa, ad un gruppo dei suoi più amici intimi, qui a Gerusalemme.

"... Vedete, cari amici, come stanno le cose. Negli anni ’60 nel mondo si sono aperte delle porte miracolose, e il mondo ha visto che c’è bisogno di qualcosa di altissimo. Non vogliamo qualcuno o qualcosa che ci dica cosa fare, ma vogliamo qualcuno o qualcosa che ci innalzi, vogliamo un qualcosa di molto più profondo. Tuttavia, la triste verità è che negli anni ’60 non c’erano i recipienti adatti per la luce che era discesa. C’era solo una grande luce. Dopo di che, negli anni ’70 e ’80, c’è stata un po’ di guarigione per le ferite del decennio precedente. Tuttavia, Barukh Ha-Shem, le cose si stanno mettendo per il meglio, e stiamo diventando pronti alla ascesa, siamo pronti a compiere le cose più elevate che esistano. Abbiamo dei recipienti più robusti, dato che la gioventù oggi è più realistica, questa volta, con l’aiuto di Dio, riusciremo. Voglio benedire tutti con successo, con comprensione profonda di cosa sia l’Ebraismo, di cosa sia il santo Shabbat. Infine, una cosa molto importante. La relazione tra uomo e donna è cambiata, e anche la relazione tra ebrei e gentili è cambiata. Abbiamo bisogno di nuove vie e di nuovi recipienti. Questo è il punto essenziale..."

 

Le radici teoriche dei suoi insegnamenti contengono la sintesi del meglio del Chasidismo. A parte l'influenza Chabad, Shlomo è un interprete diretto di Rabbi Nachman di Breslov. Ma in particolare la scuola che lo influenza di più è quella che ha avuto origine dal Veggente di Lublino, un personaggio dalla fama leggendaria. Tra i suoi discepoli si distinse una catena di tre generazioni, nonno, padre e figlio, culminata nel Rabbi di Izbitzer. Le sue interpretazioni e spiegazioni erano sempre tese a trovare le cose buone, e a giustificare anche le persone apparentemente più repellenti e peccaminose. Shlomo aveva fatto propria tale vocazione, e la portava avanti in modo ineguagliabile. Tuttavia, nei suoi insegnamenti Shlomo citava tutti i maestri chasidici, con una profonda conoscenza sia dei loro detti che dei fatti salienti della loro vita, in un modo tale da farci percepire come tali maestri fossero i nostri migliori amici. Parlandone, sempre con enorme rispetto, amore e devozione, egli li portava di fronte ai suoi ascoltatori.

Shlomo incontrava quotidianamente decine e decine di individui di tutti i tipi, con molti dei quali stabiliva legami di amicizia destinati a durare anni. Purtroppo, questi suoi atteggiamenti aperti e anticonformisti erano mal visti dalle istituzioni ufficiali, e dal rabbinato che detiene il potere politico. Costoro pensano che il suonare la chitarra e il ballare sul palcoscenico fossero attività che non si confanno ad un rabbino. Oggi però molti dei suoi oppositori si sono ricreduti, e la fama di Reb Shlomo continua a crescere, anche se egli non è più nel corpo fisico.

Una delle particolarità più interessanti di Shlomo era il modo col quale egli celebrava i matrimoni. Già di per sé il matrimonio ebraico è un rituale pieno di significati profondi, carico di un'emozione che coinvolge sempre tutti i partecipanti. Tuttavia il modo corrente di celebrarli è molto veloce, e la festa si manifesta solo in seguito, durante la cena e gli inevitabili balli. Shlomo invece ha portato l'enfasi sulla cerimonia vera e propria: la Chupà, che con lui durava due o tre ore, invece dei soliti 10 minuti. Egli spiegava con storie e canzoni ognuno dei momenti chiave, invitando spesso il pubblico e gli amici ad esprimere benedizioni ed idee. Chi non ha visto un suo matrimonio, o partecipato ad una sua preghiera del Shabbat, non può sapere cosa sia il vero Chasidismo.


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