L'UNIONE
UOMO - DONNA
LA
VIA VERSO LA RETTIFICAZIONE
DEL MONDO
2° parte
La
Bibbia incomincia con la storia di Adamo ed Eva, il primo “rapporto
problematico”. Prosegue con Noè e il Diluvio (causato, narrano
i midrashim, dai troppi peccati sessuali). Dopo di che viene
la prima vera coppia di “anime gemelle”: Abramo e Sara, seguiti
dagli altri Patriarchi e dalle loro mogli, Isacco e Rebecca,
Giacobbe, Lea e Rachele. Questi personaggi dimostrano come sia
possibile avere un rapporto fisico, emotivo e romantico unito
ad un rapporto spirituale. Parte dell’integrità spirituale è
la soddisfazione sentimentale, la gioia e chiarezza di un legame
di coppia tra due persone affiatate. Tra i frutti che ciò porta,
c’è anche la capacità di agire con successo nel mondo quotidiano,
quello del lavoro, della professione, del denaro e dell’economia.
Inoltre i Patriarchi sono esempio di amore infinito verso
i figli. A loro volta questi superano la problematica del complesso
di rivalità nei confronti dei genitori, e sanno di potersi realizzare
solo se meritano di ricevere la benedizione dei padri. Ognuna
delle coppie dei Patriarchi biblici ci offre una serie di suggerimenti
fondamentali sul come realizzare l’unione maschile-femminile.
Ad esempio, da essi impariamo che l’amore romantico non è un
ostacolo alla crescita spirituale; se vissuto in modo proprio
esso diventa il veicolo capace di far scendere nel cuore le
conquiste dell’intelletto. In modo analogo, quando l’amore trova
una felice e corretta espressione sessuale, esso scende ancora
più in basso, nel ventre, e si radica nell’inconscio. Infine,
l’amore romantico contribuisce a far risalire la complessa e
problematica emotività inferiore verso i piani del puro intelletto
riflessivo e contemplativo. Il frutto della più toccante storia
d’amore romantico di tutta la Torà è Giuseppe, figlio di Giacobbe
e di Rachele. Non a caso Giuseppe è chiamato: il “maestro del
sogni”
(Genesi 37,19), cioè “colui che ha piena padronanza sull’inconscio.”
È pur vero che nella vita dei Patriarchi e delle loro
mogli troviamo tutta una serie di problemi e di ostacoli nelle
loro relazioni. Ma ad un attento esame si scopre come si trattasse
di prove che gradualmente li portavano verso una rettificazione
dei legami, verso un approfondimento e un miglioramento dell’intesa
reciproca. Ecco dunque che la Bibbia, con le storie e racconti,
con le vite dei suoi personaggi illustri, se letta in chiave
sapienziale ed esoterica, diventa una fonte di potenti modelli
di comportamento, per le coppie di oggi.
Ma ritorniamo agli inizi del Genesi. Quando Dio decide
di creare Eva, costei viene definita: “Un aiuto che gli sia
contro” (Genesi 2,18). Ciò indica il doppio ruolo che la donna
deve svolgere, se vuole preservare la relazione col marito:
appoggio e sostegno, ma anche opposizione e confronto, per guidarlo
fuori da eventuali errori. In realtà, il versetto dice:
“e’essè lo (1) ezer (2)
kenegdo (3) “
|
“ farò per lui (1) un aiuto
(2) - contro (3)”.
|

|
Secondo
La Cabalà. questo verso mostra i tre possibili livelli
nei quali si può esprimere il legame uomo-donna. (1) “Lo”, “per
lui” indica il più alto gradino, che è pura e totale appartenenza
reciproca. Qui c’è la fusione perfetta tra le due anime. (2)
“Ezer”, “aiuto”, si realizza se “essi meritano”, cioè se l’uomo
e la donna scoprono la loro reciproca complementarità, e si
mette in moto il processo di raffinamento delle due personalità.
(3) “Kenegdo”, “contro di lui”, è nel caso in cui le due personalità
non si fondano, ma rimangano in un costante stato di conflittualità
litigiosa.
Il primo precetto Che Dio dà ad Adamo ed Eva è (Genesi
1,28): “pru u-rvu”, “Crescete e moltiplicatevi”. Non si pensi
che questi due verbi siano due semplici sinonimi della medesima
azione. La presenza di due radici etimologiche distinte indica
che il precetto va inteso in un modo duplice: nel senso di crescita
coscienziale, qualitativa, e spirituale, e nel senso di crescita
numerica.
In un altro brano la Bibbia descrive i tre stadi principali
attraverso i quali l’uomo e la donna possono realizzare la loro
unione (Genesi 2, 24):
“Quindi l’uomo lascerà il padre e la madre, si unirà alla moglie
e i due saranno una sola carne”.
Occorre
trovare una certa distanza psicologica dai genitori, onde comprendere
il segreto della propria individualità (da non confondere con
l’ego). “Lasciare il padre e la madre” significa anche evitare
di cercare nel compagno o nella compagna un sostituto dei genitori.
Al traguardo evolutivo c’è il “diventare un’unica carne”. Il
significato biblico di “carne” è molto positivo, come si deriva
dai versetti: “Dalla mia
carne vedrò Dio” (Giobbe), oppure: “Vi
toglierò il cuore di pietra e ve lo darò di carne”. “Essere
una sola carne” significa diventare un corpo-anima vivo
e unito perfettamente, capace di esperimentare in pieno tutta
la gamma emotiva e affettiva dell’essere umano.
prossima pagina |