I quattro che entrarono nel Pardes

Così riporta il Talmud (Chaghiga 14b):

Cosi hanno insegnato i nostri saggi: quattro persone sono entrate nel Pardes ed erano: Ben Azai, Ben Zoma, Acher e Rabbi Akiva. Rabbi Akiva disse loro: quando arriverete alle pietre di marmo bianco non dite: acqua! Acqua!, dato che è scritto: colui che dice menzogne non potrà stare davanti ai miei occhi.
Ben Azai guardò e morì, e di lui il verso dice: preziosa agli occhi di D-o è la morte dei suoi pii. Ben Zoma guardò e rimase ferito, e di lui dice il verso: ha trovato miele, basta di mangiarne, o altrimenti ti sazierà al punto di vomitarlo. Acher si mise a tagliare i virgulti. Rabbi Akiva uscì in pace.

Pur nella sua estrema concisione, questo brano ci narra le sorti molto diverse di quattro tra i più grandi maestri del Talmud, che si cimentarono in una specie di ascesa mistica, verso ciò che viene chiamato Pardes, il giardino dei segreti. Secondo il brano, la percentuale di successo che ebbero fu molto bassa, solo 25 %, uno su quattro. Il primo maestro, Ben Azai, morì, come risultato dell'intensità di ciò che vide. Il secondo, Ben Zoma, ne riportò un grave danno ai propri equilibri psichici, come illustrano brani successivi del Talmud, che non abbiamo tradotto. Il terzo, Acher, il cui vero nome era Elisha Ben Abuia, perse la fede e divenne un apostata, un pubblico peccatore ed un eretico. La frase si mise a tagliare i virgulti, è un eufemismo, indicante che Elisha non si limitò ad abbandonare il mondo religioso, ma cercò di convincere i giovani studenti a fare altrettanto. Solo Rabbi Akiva uscì in pace!, cioè completo. Altre versioni del Talmud dicono: entrò in pace ed uscì in pace.

Com'è facile intuire, si tratta di uno dei brani che vengono riportati con maggiore frequenza da coloro che si oppongono allo studio della Kabalah, con l'obiezione che la ricerca di esperienze mistiche o estatiche sia pericolosa (vedi faq).

In questo breve articolo ci proponiamo però di rovesciare tale interpretazione.

L'assunto di base è che il Pardes non è soltanto uno certo stato mistico, raro e lontano, ma è l'intera realtà nella quale viviamo. La parola Pardes è composta da quattro lettere, che formano l'acrostico (vedi tecniche di interpretazione cabalistica) di Phsat, Remez, Drash, Sod: semplice, simbolico, omiletico, segreto.

Sono i quattro livelli dei quali è composta la Torah. Il primo, Pshat, è quello letterale, storico, etico. Il secondo, Remez, utilizza varie immagini presenti qui e là come simboli rappresentanti qualche altra cosa. Ad esempio, Giuseppe in sogno vede (Genesi 37):… il sole e la luna e le undici stelle.... Il padre Giacobbe interpreta ciò in modo simbolico dicendo:… io, tua madre e i tuoi fratelli….

Il terzo livello, il Drash, è forse quello più diffuso, e costituisce la vasta maggioranza di tutto l'ebraismo Rabbinico. Esso espande e commenta ogni verso della Bibbia, in ogni modo possibile, ma utilizzando soprattutto gli strumenti della ragione e della logica. Inoltre, lo scopo di tale ricerca, è principalmente quello di chiarire gli aspetti etici e legali dei precetti che la Torà prescrive agli ebrei. Il quarto e ultimo livello, Sod, è quello della Kabalah, il segreto, la parte mistica, il cui scopo non è necessariamente legato ad ottenere dei risultati pratici, e i cui strumenti vanno oltre il razionale. Si osservi come il primo e il terzo di questi gradini, il letterale e l'omiletico, possiedano una notevole affinità tra loro due. Lo stesso si può vedere tra il secondo (simbolico) e l'ultimo (segreto).

Sia chiaro ed inequivocabile: questi quattro gradini sono presenti in ogni brano della Torà, e sono tutti egualmente importanti. Secondo il pensiero ebraico, per creare il mondo, D-o ha prima guardato nella Torà, che è quindi la mappa e il piano dell'intera creazione. La Torà è dunque presente in tutto l'universo. Fin dal momento della nostra nascita, o, se si preferisce, fin dalla prima volta che apriamo un libro di Torà, entriamo nel Pardes, diventiamo parte del Pardes, che ci piaccia o meno, che lo vogliamo o no. Ciò che cambia, da persona a persona, sarà il gradino del Pardes al quale ognuno di noi dedicherà la maggiore attenzione e consapevolezza. Il racconto talmudico ci descrive, in pratica, quali sono gli errori e i rischi per coloro che preferiscono, o scelgono, soltanto uno o l'altro di questi gradini, piuttosto che il loro insieme totale.

Ben Azai guarda e muore. Questo è il livello dello Pshat, del senso letterale. La lettera è il corpo della Torà, e il corpo, senza anima, è morto. Rimanendo bloccati qui, il rischio è quello di non sopravvivere. Questa è la vera causa del fatto che così tanti ebrei si sono assimilati, morendo, per così dire, alle loro vere radici. L'avere studiato ed insegnato Torà per così tanti secoli senza nessun riferimento alle sue parti mistiche, è stata la causa indiretta dell'aver perso così tanti ebrei per strada. Per rafforzare questa ipotesi: in un misterioso bramo (Yoma 72 b), il Talmud afferma:

"se la persona è meritevole, essa (la Torà) diventa per lui una medicina vitale (Sam Chaim); se non merita essa (la Torà) diventa per lui un veleno mortale (Sam Mavet)".

Alcuni tra i piu' grandi cabalisti (vedi Rav Chaim Vital nella sua introduzione all'Etz Chaim, e Rabbi Ashlag), basandosi sullo Zohar, affermano che, per meritare, è indispensabile accedere anche alla parte mistica della Torà, la sua anima, e non fermarsi al resto.

Non si pensi tuttavia che D-o disprezzi o condanni Ben Azai, e gli ebrei che appartengono al suo livello. Infatti il Talmud aggiunge: di lui si dice: preziosa agli occhi di D-o è la morte dei suoi pii. Egli è dunque un pio, un giusto, a tutti gli effetti, anche se non ha avuto il merito di accedere ai gradini più elevati della Torà.

Ben Zoma è la categoria del Remez (simbolo), di tutti coloro che si fanno prendere dalle risonanze simboliche della scrittura. La Bibbia contiene un numero enorme di simboli, di aspetti misteriosi. Un approccio leggero e superficiale a tutto ciò porta la persona a credere di avere delle esperienze mistiche, mentre in realtà si tratta di soli giochi della sua mente, o di fantasie. Ci si fa catturare dalla dolcezza ti tali percezioni. Inoltre, la parte realistica e concreta della mente ne rimane menomata, come si vede nei successivi episodi Talmudici in cui compare Ben Zoma.

Elisha Ben Abuia è il livello del Drash, dell'attività omiletica della mente. Se la mente dà troppa importanza alle proprie facoltà logiche e razionali, le stesse argomentazioni che portano ad affermare l'esistenza di D-o, possono capovolgersi, e portare a negarne l'esistenza. Ciò è avvenuto fin troppo volte nella storia della filosofia. Pur se lo studio della Torà, anche al livello del Drash, è ben diverso dalla filosofia, è inevitabile che esso risenta dell'atteggiamento generale della società in cui si vive.

E noi viviamo in un mondo che considera i poteri della mente umana al di sopra di ogni cosa. Come osservato a proposito dei sistemi interpretativi cabalistici, in ebraico testa (Rosh) significa anche pianta velenosa. La troppa razionalità ha i suoi inevitabili pericoli. Come risultato di ciò, Elisha Ben Abuia abbandona la fede. Ciò non significa che, Chas Ve-Shalom (D-o proibisca), i rabbini che si occupano di Drash, siano in rischio di apostasia, ma che essi sono responsabili, direttamente o meno, di uno dei più dolorosi fenomeni del mondo ebraico d'oggi: la grande maggioranza degli ebrei non sono più religiosi. Una marcata parte di costoro ha addirittura sviluppato una viscerale avversione nei confronti della religione.

E tutto questo avviene attraverso la potenza della logica. Se le affermazioni precedenti sembrassero troppo pesanti, si potrebbe addolcirle dicendo che, anche se il rimanere nel Drash non è la causa di tale fenomeno, ciò non è nemmeno in grado di contrastarlo. Troppi ebrei hanno lasciato la religione dei padri perchè era stata insegnata a loro in un modo insufficiente, troppo freddo, razionale, quasi fosse una sola etica, una sola filosofia.

Soltanto Rabbi Akiva riesce ad integrare i quattro livelli, compreso quello del segreto, che era rimasto escluso agli altri tre. Sappiamo da altri brani del Talmud che Rabbi Akiva era un grande maestro anche di Halachà, e di vita. Quindi egli è la prova di come sia possibile e doveroso integrare tutti quei gradini. Si noti come la parola Pardes, se le si toglie la Samekh, che è l'iniziale di Sod, segreto, diventi parad, separare, o Pered, mulo. Dice il verso: non siate come il cavallo o come il mulo, che non capisce…(Salmo 32,9). Cavallo è Sus, con due Samekh, indicanti la presenza di un eccesso di Sod, troppo segreto, operante da solo. Pered è soltanto i primi tre livelli. Sia l'uno che l'altro, da soli, sono degli errori.

Auguriamoci, dunque, di fare più esperienza di tutti i vari gradini descritti, compreso quello del segreto, se vogliamo che si realizzi il verso: Torat hashem temimà, meshivat nafesh = La Torà di D-o è completa, fa ritornare l'anima (cioè fa rivivere). Soltanto quando la Torà è completa, cioè viene compresa ed interpretata secondo tutti i suoi quattro livelli, essa fa rivivere.

 
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