INTRODUZIONE AL CANTICO DEI CANTICI

 

 1) INTERPRETAZIONE LETTERALE O ALLEGORICA?

"Il Re (Dio) cerca solo ciò che gli corrisponde. Perciò, il Santo - che Egli sia benedetto - risiede in colui che (come Lui) è uno. Quando l'uomo in perfetta santità, realizza l'uno, Egli (Dio) è in quest'uno. E quand'è che l'uomo viene chiamato uno? Quando uomo e donna sono congiunti intimamente. Vieni e vedi! Nel punto in cui l'essere umano, come maschio e femmina, si trova unito, badando che i pensieri siano santi, egli è perfetto e senza macchia e viene chiamato uno. L'uomo deve dunque far sì ché la donna gioisca in quel momento, onde sia con lui un unico volere ed entrambi uniti debbono portare la mente a quella cosa. Così ci è stato insegnato: "Chi non ha preso una donna è come se fosse solo una metà (Yevamot 83)" Se però uomo e donna si uniscono, se divengono uno, corpo e anima, allora l'essere umano viene chiamato uno e il Santo - che Egli sia benedetto - prende dimora in quest'uno e genera per lui uno spirito santo."

Zohar (III, 81a)

Con le parole dello Zohar che abbiamo innanzi riportato, siamo già - per così dire - "a destinazione". In realtà, per arrivare a quel punto di strada da percorrere ce ne è parecchia. Ora, per un primo approccio alla problematica che ci occupa, parlando di "sacralizzazione dell'Eros", dobbiamo innanzitutto verificare se esiste un rapporto tra sesso e religione nella tradizione ebraica, e risalire poi ad una maggiore "spiritualizzazione" che può essere stata , talora, velata o distorta anche nei testi sacri. Chiunque si occupi di studi della tradizione ebraica, non può ignorare che quel rapporto esiste ed è particolarmente importante. Il rapporto tra tradizione religiosa ebraica e sesso esiste ed è validissimo, tanto che l'una permea l'altro e viceversa. Di conseguenza, un Libro come il Cantico non costituisce "scandalo". In definitiva, esso riesce ad inquadrarsi perfettamente nel Canone e quindi, in qualche modo a far parte di quella Santa Trinità nella quale entrano Dio e Israele. Infatti, per l'Ebreo ortodosso, Dio, Israele e la Torà sono un tutto indivisibile, i tre pilastri del mondo, la chiave del suo mistero.

Orbene, molte sono le regole dettate all'amore e al sesso dalla religione e dalla morale ebraica. Tuttavia il Cantico, si presenta come un libro estremamente libero da ogni condizionamento, sia religioso che morale. Sembrerebbe quindi un canto d'amore e basta, anche sufficientemente profano.

Inoltre, la donna del Cantico gode di una libertà inusitata per quel tempo: sembra piuttosto una donna moderna, che può andare, venire, vedere chi vuole, ed è lei che "spudoratamente" va alla ricerca dell'amato. Ed ancora, i due amanti, che sembrano ignorare ed essere piuttosto irrispettosi di ogni regola, non si preoccupano, ad esempio, di amarsi alla luce del sole e in luoghi aperti; non sono sembrano particolarmente preoccupati dall'idea di rispettare il precetto della "continuazione della vita".

In definitiva - almeno in apparenza - i due si amano, e, lungi dallo "spiritualizzare" il loro amore, cercano l'incontro più completo, esaltandolo in un insieme inesauribile di raffinatezze, sotto le forme più varie dell'immaginazione: l'attesa, il ritardo, le costruzioni immaginarie dell'una o dell'altro, le fantasie, il linguaggio, le manie ed infine i simboli tutt'altro che oscuri.

Non a caso, fra i tanti, un grande dilemma dei commentatori del Cantico è quello di stabilire se questi due innamorati fossero o no sposati, dato che chiaramente avevano rapporti sessuali. Sta di fatto che il tipo di amore che li unisce ha molto del prematrimoniale. Ci sono infatti dei momenti di trepidazione, piuttosto tipici del fidanzamento, o di una coppia che non vive insieme a tempo pieno.

Ci chiediamo perchè, con lo schermo dell'allegoria, la Scrittura avrebbe dovuto rinunciare a rappresentare la sacralità dell'Eros, quando attraverso di esso è possibile la realizzazione di una esperienza unitiva che può andare ben oltre il rapporto genitale e circoscritto ai corpi dell'uno e dell'altra?

Se mai, andrebbe chiarito e precisato che non ogni tipo di amore può condurre "al momento folgorante dell'unità" ed avviare verso quei mutamenti di livello dei quali parleremo in seguito. Talora l'uso più o meno convenuto o addirittura commerciale o mercantile dei propri corpi è poco più di una masturbazione ed, ovviamente, porta una caduta intensa di livelli.

Non sono necessarie esperienze e studi particolari per poter facilmente distinguere da una parte un Amore che nasce come momento positivo - sia pure di esaltazione e di ebbrezza particolari - e che si sviluppa in una comunione "magica" con un altro essere, che serve da elemento energetico insostituibile e con il quale la dualità e già scomparsa sin da principio e d'altra parte un amore disperato, assetato di desideri che abortiscono nell'animalità della cieca passione, e in conati di illusorio appagamento delle due individualità.

Torniamo al Cantico e, per cercare di entrare nei suoi aspetti non proprio univoci, cominciamo col programmare una lettura che tenga sempre presente e in debito conto un principio di interpretazione rabbinica (che fa parte anche della Cabalà) secondo il quale nessun "verso" della Scrittura può essere interpretato al di fuori del suo contesto letterale, contro o escludendo il contesto letterale.

È chiaro che, con questa premessa, non potremo dimenticare - come abbiamo indicato nelle pagine precedenti - quanto la moderna esegesi ebraica, e non solo essa, ponga in primo piano nello studio del Cantico e cioè come esso celebri l'incontro d'amore di due giovani di sesso diverso.

Ma qui - è nostra opinione - va precisato che questa celebrazione non ignora che la parola sesso viene dalla parola ebraica "sasson" che significa "gioia", la gioia dell'incontro fisico. Infatti non a caso il suono più importante di questa parola è la lettera "Shin" che, com'è noto, in ebraico è una specie di tridente rivolto verso l'alto

 

e che suona sia come "sci" che come "si".

Anche il nome di Salomone - l'autore di questo libro - comincia con questa Shin, e il Cantico in ebraico si intitola "Shir ha-shirim", quindi due volte la Shin. Infine, la Shin all’inizio del Cantico questa lettera è scritta a caratteri cubitali, mentre in ebraico non esistono lettere "maiuscole", essendo tutte di eguali dimensioni. È pur vero che in rarissimi punti della Torà compare una lettera scritta in modo più grande delle altre, e questo indica sempre un’enfasi del tutto particolare. Torneremo su questo argomento, intanto ci preme solo sottolineare che la prima lettera del Cantico è una Shin scritta grande, e che la stessa lettera è nella parola "sasson". Pertanto non ci sembra azzardato concludere - sia pure solo come ipotesi di lavoro - che il Cantico dei Cantici possa contenere il segreto di come estrarre la giusta gioia, di come vivere al massimo il rapporto fondamentale dell'esistenza umana che è il rapporto uomo-donna. Non a caso il Talmud afferma:

"Tutto ciò che Dio ha creato in questo mondo, l'ha creato maschio e femmina, perfino il Leviatan, il "serpente diritto", e il Leviatan, "serpente arrotolato", Egli ha creato maschio e femmina".

Questo correlarsi di parti, questa affermazione che la polarità essenziale di tutta l'esistenza è quella maschile-femminile, in Cabalà è contenuta nelle parole, peraltro prese a prestito dal Talmud "Il Due che è il quattro". Ci troviamo di fronte ad un sistema nel quale:

"l'Uno diventa due, che in realtà è quattro, che si unisce diventando due, il cui scopo è di rivelare l'Uno"

Questa è l'intera storia della Cabalà, questo è anche il segreto più importante delle quattro lettere del nome di Dio. Avremo occasione di meglio precisare in seguito questi concetti.

Il Cantico dei Cantici si propone quindi come un "manuale" della perfetta unione, cioè quella dalla quale può scaturire tutta una serie di situazioni atte a portare una gioia fisica che spirituale irraggiungibile con altri sistemi.

 

 

Tratto dal libro: "Uno studio Cabalistico del Cantico dei Cantici", scritto da Nadav Crivelli e Giuseppe Abramo